Non ce n’è “COVIDDI”?

 – Il bisogno di protezione al tempo della pandemia

L’acronimo “COVID-19” (dall’inglese CoronaVirus Disease, 19 in riferimento all’anno di manifestazione primaria) è ormai sulla bocca di tutti e grazie ai mezzi di comunicazione di massa abbiamo appreso che identifica la malattia respiratoria acuta provocata dal virus SARS-CoV-2 appartenente alla famiglia dei CoronaVirus, classificata “pandemica” proprio perché non si parla più di improvviso aumento di casi in una determinata comunità (focolaio) o di una manifestazione localizzata, frequente ma di durata limitata nel tempo (epidemia) ma di una propagazione in più aree geografiche tra di loro non strettamente confinanti, delocalizzata, frequente e di perdurante durata nel tempo (per l’appunto, pandemia).

Sempre grazie ai mass media abbiamo appreso l’elenco dei sintomi più comuni riferiti alla malattia che provoca il virus; sappiamo qualcosina di più sui mezzi di protezione fisici come l’uso delle mascherine (specificamente indicate e approvate dal Ministero della Salute) o di sostanze a base alcolica per lavarci le mani (perché l’alcol uccide il virus); sappiamo inoltre quanto sia importante tenere la distanza di sicurezza di circa 2 metri (perché gli starnuti si propagano fino a quella gittata) e quanto la prevenzione giochi un ruolo fondamentale; sappiamo infine che per evitare nuovi episodi di lockdown (ovvero la chiusura dei confini per evitare la maggiore diffusione degli eventi pericoli alla salute pubblica) e rischiare nuove limitazioni alle nostre libertà (con le conseguenti contrazioni dei servizi pubblici e delle attività sociali) dobbiamo attenerci scrupolosamente alle regole e alle normative.

Questa pandemia ci sta insegnando ad apprezzare di più il tempo condiviso con le persone che amiamo e ci sta spingendo a riflettere sui nostri limiti. Questi mesi però ci stanno anche servendo per comprendere che il “Lavoro”, il “Denaro” e la “Salute” sono beni primari che non possono venir meno per nessuna ragione, e pertanto tutti noi dobbiamo fare la nostra parte affinché questo “Inferno” termini il prima possibile. In fondo, la sicurezza economica personale e del Sistema-Paese si basa proprio si questi 3 pilastri!

Quello che invece non riusciamo proprio a imparare è ascoltare i nostri bisogni e le nostre necessità, per dare le giuste priorità alle nostre esigenze di vita. Quel che proprio non riusciamo a fare nostro è comprendere quale sia la mossa giusta per impedire nel futuro che un evento odierno distrugga i nostri sogni. Se il COVID ci sta insegnando qualcosa di prezioso, dunque, questo è di pensare oggi quel che vogliamo proteggere per costruire il futuro che ci meritiamo.

In quest’ordine di grandezze, molte compagnie assicurative focalizzano l’attenzione (in questo periodo) sulla stipulazione di prodotti per il rimborso spese sanitarie e la diaria specifica, senza focalizzare però le vere esigenze di protezione del cliente nella sua globalità. La corsa alla stipulazione del prodotto non può e non dev’essere il faro da seguire, soprattutto in periodi così drammatici!

Che senso può avere possedere una polizza che copre la diaria o un rimborso spese se poi l’evento drammatico produrrà un’invalidità, un’inabilità o una premorienza, lasciando la persona o i familiari senza reddito o con un’ingente perdita economica?

Questa è la nostra base di lavoro: invertire il paradigma per far comprendere come il bisogno di protezione non si possa e non si debba limitare ai soli aspetti di rimborso ma debba concentrarsi prima di tutto sul grande rischio biometrico.

Se questa pandemia deve farci comprendere veramente qualcosa, questa lezione dovrebbe essere quella di trovare gli strumenti assicurativi necessari per prevenire le conseguenze del danno alla salute, garantendo capitali e rendite in grado di coprire le perdite subite, perché in fondo abbiamo capito tutti che siamo più fragili nei nostri stessi sogni.

E tu… cos’hai imparato dal COVID?